Estratto dell’intervista all’autrice, by Flavia Chiarolanza
Questo racconto affonda le sue radici nella più quotidiana delle realtà. Non era facile evitare lo scoglio del “già detto”. Come sei riuscita a elaborare un registro narrativo così insolito e accattivante?
Non potendo affrontare la tematica dell’anaffettività – in questo caso, vorrei specificare, relativa ovvero parziale – in termini diversi da quelli letterari, ho pensato di tradire o trasgredire, per così dire, i limiti di genere. Il mio non si può definire propriamente un romanzo, semmai un racconto corredato da un’intervista al personaggio principale, ovvero una sorta di scambio dialogico fra due interlocutori, persone e personaggi allo stesso tempo, dove si mescolano e alternano i differenti punti di vista e modalità di approccio. Mi piace pensare a questo volume come a un reportage letterario ad andamento filmico.


L'ironia ci salverà, ed è raro – secondo l'immaginario comune – che questa dote appartenga a una donna. Tra i due, Paoletta è quella più propensa a prendere il tutto con leggerezza, abbandonando il ruolo tipicamente femminile di consolatrice. Gli uomini come potrebbero reagire dinanzi a un approccio ironico, dissacrante, delle loro problematiche e delle loro debolezze?

Hai detto bene: immaginario comune. Credo sia il caso di rinnovarne i parametri. Non vedo perché le donne non debbano possedere ironia o avvalersene. Non si tratta di una caratteristica di genere: si sviluppa e va di pari passo con la crescita e il carattere specifico di una singola persona. Uomo o donna che sia. Io la considero un’utilissima risorsa. Purtroppo non è da tutti, e spesso viene anche fraintesa. Se non si conosce e pratica, la si teme. 

(Testo e immagini: per gentile conccessione di Edizioni Jolly Roger)

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